venerdì 30 settembre 2011

Gruppo Rappresaglia Artistica (GRA) @ Città dell'Altra Economia

La Città dell’Altra Economia, all’interno del Campo Boario di Roma, ha visto martedì 20 settembre l’esordio ufficiale del Gruppo Rappresaglia Artistica, collettivo di artisti residenti nella capitale, diversissimi tra loro, costituitisi la scorsa primavera come “Artisti Romani Per il Sì” con un’iniziativa a sostegno dell’ultima campagna referendaria, oggi rinati come “G.R.A.” e pronti a prestare opera nei luoghi di Roma – e non solo – ove vi sia un’emergenza civile, sociale, politica. Con il filo solo apparentemente generico della necessità di un ripensamento dei consumi, dei ritmi e delle condizioni di lavoro e produzione, di una convivenza sociale che sia il più possibile cosciente e consapevole, si sono avvicendate,le performance più varie, senza soluzione di continuità e con un certo gusto per la sorpresa e lo “schiaffo” estetico per tenere alta la soglia di attenzione a dispetto di tempi morti e inconvenienti tecnici, prevedibili con una compagine tanto nutrita su un palco dalle dimensioni ridotte.

In apertura le trame elettroniche di Roberto Fega, con le voci e le cronache dei recenti “riots” londinesi, e a seguire il jazz avventuroso del quartetto di Pasquale Innarella & Francesco Lo Cascio, il folk introspettivo e aperto all’improvvisazione degli Elcaset di Felice “Furia Elettrica” Lechiancole, Cristiana Vignatelli, Giulio Maschio e Alberto Popolla, la lettura “piana” e sanamente antiteatrale di un uomo di teatro qual è Antonio Sinisi, la canzone d’autore lunare di Antonio Pignatiello (nei suoi Alter Clan militano o ricompaiono come ospiti molti dei musicisti che si sono esibiti nelle formazioni precedenti). Lasciando spazio ad alcuni interludi e combinazioni atipiche, come Rosa Matina, un classico della tradizione siciliana, proposto da un trio estemporaneo di vibrafono (Lo Cascio), chitarra acustica (Adriano Lanzi) e voce (Bianca “la Jorona” Giovannini, un’interprete felicissima della canzone popolare romana con gli occhi bene aperti sulla modernità) o Padrone Mio, un classico di Matteo Salvatore in cui pathos e urgenza politica sono ravvivati da una lettura postmoderna per voce (ancora la Jorona), elettronica (Fega) e rigorosi interventi free (la chitarra di Lechiancole e il clarinetto di Popolla).

Un calderone, un laboratorio vivo e molto promettente nell’insieme, che ha certamente bisogno di essere rodato e limato (fatta salva la sicura professionalità di tutti i contributi) ma che convince nell’entusiasmo, nell’urgenza, di un modo di produrre e condividere arte che vuole essere proposta e riflessione su un possibile modo di produrre e condividere vita.

©2011 U-GENE

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